La solita isola bagnata da un mare cristallino? No, Capraia non è questo, non solo almeno. L’indomita atmosfera rende spettacolari le sue scogliere, i suoi rilievi, le sue acque, risveglia in chi la visita un primordiale senso di stupore e libertà.
Più Corsica che Toscana, l’isola di Capraia emerge dalle acque del Tirreno con tutta la sua forza vulcanica, ben due sono i vulcani da cui ha avuto origine, per regalarci paesaggi infiniti e sensazioni ancestrali.
Brulla, incontrare anche un pino a Capraia è cosa rara, è ricoperta interamente dalla macchia mediterranea, dai suoi profumi, dai suoi colori, soprattutto in primavera. I corbezzoli, gli asfodeli, i cisti, il mirto e l’elicriso, inebriano aria e occhi con le loro essenze; uno stato di estasi che può essere interrotto soltanto dall’irresistibile voglia di un bagno, appena ci si trova al cospetto di una delle cale dell’isola bagnate da acque cristalline.
Una perla delle sette che compongono l’Arcipelago Toscano, è la più spostata a ovest, dista circa 30 chilometri dalla Corsica e 60 da Livorno, e fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano anzi ne è stato proprio il nucleo iniziale, per tutelare il suo pregio naturalistico e il suo essere selvaggia. Circa 2/3 dell’isola è disabitato, non ci sono neanche strade se non sentieri, il centro abitato si estende con poche case al porto e al paese che ne sovrasta il golfo e tutto il resto è natura, scogliere, mare, panorami mozzafiato.
Il ridottissimo impatto antropico, è probabilmente dovuto alla presenza dell’ex Colonia Penale, attiva fino a una trentina di anni fa. Sembra impossibile che Capraia, così bella, quieta e con pochissime barriere edilizie e neanche arboree che permettono allo sguardo di spaziare oltre l’orizzonte, sia stato luogo di sbarre alle finestre e sconto di pene.
Il carcere e la detenzione delle sue anime, hanno però reso Capraia libera, libera da flussi turistici di massa e speculazioni edilizie, hanno reso la natura libera di prosperare e tu, fiorentino che con ogni probabilità non ci è mai stato, libero di scegliere e cambiare destinazione isolana. Si perché al largo della costa toscana, non c’è solo l’Elba. E ognuna delle sette isole dell’arcipelago è uno scrigno di natura, bellezza e salsedine, ognuna con le sue peculiarità, ognuna con i suoi ottimi motivi per prendere un traghetto e andarci. A parte Montecristo che, in quanto a motivazioni per visitarla ne ha in quantità, ma se la coda dal vinaino già spaventa, quella per approdare all’isola di Montecristo terrorizza: essendo riserva integrale l’accesso è limitatissimo, e meno male, e la coda è lunghissima, si attendono anni di lista d’attesa.
Nonostante il suo aspetto vergine che sembra il risultato di una tutela rigidissima come quella adoperata per Montecristo, per andare a Capraia non è necessario aspettare anni, solo quasi tre ore di traghetto da Livorno; un po’ di più rispetto alle altre isole, ma è anche un po’ più lontana dalla folla e frenesia a cui si è abituati, purtroppo anche in vacanza a volte.
Conoscere Capraia in barca solcando le sue acque, alla scoperta delle falesie che si incuneano nel mare blu, le grotte scavate al loro interno, la fauna ittica, è assai piacevole, ma la sua anima selvaggia penetra se si solcano i suoi sentieri e se si scollinano i suoi rilievi.
L’isola è irradiata di percorsi escursionistici, che conducono alla scoperta di angoli nascosti e panorami inediti altrimenti.
In circa tre giorni, a piedi si gira quasi tutta l’isola, che è la terza per estensione dell’arcipelago dopo Elba e Giglio per la precisione, e la difficoltà dei trekking che offre sono vari e per tutti. Per esempio, per raggiungere la bellissima Cala dello Zurletto basta un brevissimo trekking di 20 minuti che ha inizio dal paese, facilissimo quanto bellissimo sarà immergersi nelle acque limpide che bagnano questa cala. Un po’ più impegnativo da un punto di vista fisico, dato il dislivello in salita iniziale, ma percorribile facilmente, è l’itinerario trekking che conduce nell’area dell’ex carcere; salendo lungo la strada sterrata, oltre ai bei panorami sul porto e oltre, si stagliano gli edifici abbandonati dell’ex casa di pena, in un’atmosfera quieta e al contempo turbata dalla storia del declino materiale e umano di quegli edifici.
Per aspiranti selvaggi un po’ più allenati, il trekking che porta alla Punta dello Zenobito è ciò che fa per loro; su mulattiere cinquecentesche, fra una fitta macchia mediterranea, al cospetto di panorami che si aprono fino al dito corso che mai altrove sembra così vicino. Per terminare, dopo circa 8 km e un bel dislivello (partendo dal paese) e un tratto finale di sentiero piuttosto disconnesso, alla Punta dello Zenobito; la bellissima Punta dello Zenobito, con la sua torre d’avvistamento, la spettacolare scogliera e la caratteristica terra rossa che dà il nome alla cala che fiancheggia il promontorio dove è stata costruita la torretta. Promontorio che altro non è che il camino di uno dei due antichi vulcani dell’isola. Dopo essersi goduti questi paesaggi unici però c’è da tornare indietro, tener conto quindi di dover fare un percorso trekking di 16 km circa, con un bel dislivello, senza copertura arborea, ma dall’infinita soddisfazione.
Capraia è stata detenzione per alcuni, vera evasione per altri, un ambiente aspro quanto straordinario, lontano dal caos, più vicino alla libertà, quella indomata.
I love trekking per Ful Magazine.