Anche se sei un fiorentino doc e conosci a memoria ogni sanpietrino della tua culla del Rinascimento, è probabile che il tuo orecchio sia vergine a sentir pronunciare il nome di questo luogo, Monte Ceceri.
Già sentir parlare di monti e non di colline a Firenze è inusuale, in effetti l’altura presa in considerazione è più propriamente un poggio, la cui sommità arriva a poco più di 400 mt. di altitudine. Ma nonostante la sua modesta quota, il Monte Ceceri si erge dai colli circostanti regalando una terrazza naturale e immersa nel verde con una vista mozzafiato su Firenze. Ancora più bella della vista panoramica nota al mondo che si può godere da Fiesole; beffandosi del sobborgo più esclusivo di Firenze e di molti fiorentini, il Monte Ceceri e la sua bellezza ricca di storia e natura, si trovano proprio accanto a Fiesole e a due passi dalla città del Giglio.
Pare che il suo nome, Monte Ceceri o Montececeri, abbia origine dal fatto che in passato era frequentato da cigni, che furono definiti dai fiorentini “ceceri” (da cece), così proprio come volle il vocabolario dell’Accademia della Crusca 4° ed.: “Questi (cigni) portano nella parte superiore del rostro verso la base una pallottola nera, e grossa quanto una ciliegia, e tal pallottola da’ cacciatori è chiamata il cece, e da esso cece vien creduto dal volgo, che i cigni siano stati da’ nostri antichi appellati ceceri”.
Questo polmone verde che domina Firenze è stato istituito area protetta per tutelare proprio l’interesse storico e naturalistico che ricopre. E’ stato crocevia di geni e artisti rinascimentali, emporio a cielo aperto dal quale si rifornivano di materia prima e ispirazione, nonché luogo scelto da Leonardo da Vinci per il collaudo di una delle sue invenzioni più geniali, la macchina del volo. Si, il Monte Ceceri fu scelto dal grande inventore come trampolino di lancio del primo volo della storia, quando il suo sventurato assistente Tommaso Masini detto Zoroastro da Peretola, librato in aria con l’innovativo marchingegno, compì una parabola aerea con atterraggio, rovinoso ma non mortale, nei pressi di quella che oggi è Villa San Michele.
Storia e natura si fondono in questo luogo e hanno donato a Firenze alcune delle bellezze artistiche più note. Sin dai tempi degli Etruschi quest’area era famosa per le sue cave di pietra arenaria, una roccia sedimentaria che si forma per cementazioni di sabbie tipica della nostra dorsale appenninica. In particolare le cave sono famose per l’estrazione della pietra serena o pietra bigia o fiesolana, un tipo di arenaria di colore grigio con tonalità tendenti all’azzurro con scaglie brillanti dovute alla presenza del minerale mica.
E’ anche detta pietra color del cielo ed è caratterizzata da un’elevata lavorabilità, è per questo motivo che è stata scelta per la realizzazione di elementi decorativi. Più nello specifico, con la pietra serena estratta dal Monte Ceceri, dotata di particolare pregio e resistenza alle intemperie, sono state realizzate le più importanti opere architettoniche fiesolane, tra cui il teatro romano, le tombe etrusche, Badia fiesolana a San Domenico, il Duomo di Fiesole e dal XV secolo è stata utilizzata dai grandi artisti fiorentini come Brunelleschi, Giorgio Vasari, Michelangelo, Benvenuto Cellini, l’hanno utilizzata per gli elementi architettonici dei monumenti più prestigiosi, ad esempio gli Uffizi e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e per i manufatti di uso comune.
Oltre alla pietra serena, veniva estratta anche la pietraforte, dal tipico color ocra, utilizzata per la realizzazione di molti edifici fiorentini, per citarne uno, Palazzo Vecchio in piazza Signoria.
L’intensa attività estrattiva rese il Monte Ceceri povero di vegetazione e biodiversità; le cave vennero chiuse dai primi anni 30 del ‘900, quando si dette inizio a un progetto di risanamento ambientale, per far fronte al dissesto idrogeologico e rendere l’area verde e con un più alto grado di naturalità.
Ad oggi il Monte Ceceri è ricoperto da boschi di querce ed altre essenze, tipiche anche della macchia mediterranea, ed è ritornato ad ospitare molte specie faunistiche; un luogo ideale dove poter effettuare un trekking a due passi dal centro cittadino.
La via degli scalpellini
Piazza Mino da Fiesole può essere il punto di partenza di un facile itinerario escursionistico lungo circa 7 chilometri, individuato con la classica segnaletica bianco/rosso e che in alcuni tratti si sovrappone alla via degli dei (l’itinerario da percorrere a piedi che collega Bologna a Firenze). Da qui ha inizio una bella passeggiata tra natura e storia che conduce fino a Settignano, alla scoperta delle vie che solcano il Monte Ceceri anticamente percorse dagli scalpellini e delle cave di pietra, luoghi d’accesso alla materia prima, ma anche scuola, “botteghe” per la formazione delle maestranze e la continuità della tradizione legata al mestiere dello scalpellino che è quasi completamente scomparso. Un’immersione in un’area verde inaspettata alle porte di Firenze, durante la quale godersi uno splendido panorama della città del Giglio e le colline circostanti.
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